Teatro

Giuseppe Affinito: "Il Napoli Queer Festival per dare visibilità a chi non ce l'ha"

Giuseppe Affinito
Giuseppe Affinito © Fabio Calvetti

Incontriamo il curatore della nuova rassegna di teatro e arti performative dedicate alla cultura queer

Sei giornate dedicate alla cultura queer «nell’accezione più ampia e inclusiva possibile» nella storica Sala Assoli dei Quartieri Spagnoli, spazio privilegiato della creazione e della ricerca teatrale. 

Si è svolta a Napoli a fine marzo la prima edizione del Napoli Queer Festival, nuova rassegna di arti performative che ha posto al centro la riflessione sulla ricchezza delle identità in rapporto alla finitezza delle categorie culturali e linguistiche. 

Curatore artistico del progetto il giovane Giuseppe Affinito, attore della Compagnia Enzo Moscato; abbiamo dialogato con lui per ricostruire le ragioni artistiche ma soprattutto politiche di quest’iniziativa.
 

Come è nata l'idea di questo festival?
Mi sembrava una cosa necessaria. Negli anni, con la mia esperienza in teatro e nella vita, ho attraversato spazi di libertà, ho conosciuto persone libere e incendiate, insieme abbiamo visto e creato delle forme di socialità, di cultura, di “fare arte”, trasversali, multiformi, ibride. Abbiamo bisogno di un mondo queer, vogliamo immaginare altri spazi, altre modalità, altri canali, altri atteggiamenti, allargare le maglie dell'inclusione, costruire relazioni, istituzioni, realtà, che cedano definitivamente il privilegio della propria posizione e dialoghino con tutto e tuttə, nuovamente consapevoli di ogni minorità oppressa, di ogni identità, orientamento, popolo, fede, corpo, che non si lasci conformare, normare, determinare, controllare.


C’è una scelta precisa nella parola "queer" anziché, ad esempio, LGBTQ+.
«Queer» è un termine concettualmente più ampio, una parola ombrello che cerca di tenere conto di una pluralità di posizionamenti e non-posizionamenti in continua evoluzione e non catalogabili solo con delle lettere, svincolandosi quindi dalla necessità di utilizzare un acronimo. È più trasversale, è uno spazio politico-culturale-antropologico neutro, intergenerazionale, che ha come cuore emotivo la cura radicale e l'intersezionalità [la sovrapposizione di più identità sociali, specialmente riferite a minoranze discriminate, ndr].

Nell’immaginario diffuso Napoli è luogo di convivenza. L’esperimento ha funzionato?
La risposta della città all'iniziativa mi ha riempito di gioia e me lo ha confermato. Napoli è da sempre città stratificata e accogliente, eppure con un retaggio culturale da svernare, da macchiare. Ci sono e ci sono state iniziative simili, tante sono le persone che da più tempo di me si battono per tenere aperto il discorso sul “queer”. Ma mi è parso che ci fosse ancora spazio per un'iniziativa diversa, più ibrida, multidisciplinare, che riuscisse a coadiuvare una buona proposta artistica con una anche sociale, aggregativa.

Un festival nuovo e un direttore al debutto: come hai costruito la proposta artistica?
Sono stato mosso dal desiderio di presentare spettacoli e artistə che a Napoli non erano ancora arrivatə. Da spettatore e fruitore a mia volta, ho immaginato che avrei avuto curiosità di recarmi a teatro per vedere delle cose nuove, direi innovative, in assonanza con la scena contemporanea. E hanno corroborato in me la speranza, quindi, di provare a portare Napoli fuori da Napoli, fuori dalla territorialità, facendo accadere incontri, convergenze, sinergie, che hanno radici in varie esperienze italiane e non italiane. Nella scelta sono stato molto libero. Mi sono confrontato spesso e variamente, andando molto in giro per teatri e rassegne. Ho selezionato i progetti cercando di rispettare alcuni principi base, come la multidisciplinarietà, la varietà di contenuto e di identità, per offrire anche una rappresentazione più larga e inclusiva possibile della comunità e delle arti.

Igor x Moreno, spettacolo di danza-canzone

 

Forme e linguaggi differenti, anche in senso generazionale.
Ogni spettacolo o incontro è stato diverso da quello precedente. Abbiamo cominciato con la compagnia delle Nina's Drag Queens, che hanno portato uno spettacolo di teatro in drag, comico, brioso, elegante. Poi la performance poetica e ruggente di Ilenia Caleo e Martina Ruggeri, con Silvia Calderoni come dj, persona dolcissima e premurosa. Ancora, uno spettacolo di "danza-canzone" di Igor X Moreno, un esperimento scenico di Irene Serini su Mario Mieli, un concerto di NZIRIA. Nei film siamo partitə con un esordio alla regia, Patagonia di Simone Bozzelli, accompagnato da un film "cult" come Mater Natura di Massimo Andrei e da un docufilm di successo degli ultimi anni, Le favolose di Roberta Torre.

Multidisciplinarietà in questo caso significa anche ampio spazio alla “performance”.
Purché non sia un'accezione negativa o diminutiva di teatro. Il teatro c'è stato, forte, impattante, energico, caloroso. Abbiamo vissuto delle giornate bellissime e molto intense, in cui tuttə hanno respirato un'aria gioiosa e positiva, fertile e creativa. Nello specifico della programmazione, sono sicuro che ci sarà occasione di fare ancora meglio in futuro, di dare magari più spazio alla prosa o alla spettacolarità, di accogliere altri tipi di proposte, ma noi tuttə dello staff del festival siamo molto soddisfattə degli esiti riscontrati.

Mariano Gallo, alias Priscilla

 

Un festival «queer» è necessariamente politico. In quale direzione?
Senso di comunità, di appartenenza, di condivisione. Desiderio di sovvertire le leggi ataviche dell'oppressione. Felicità dello stare insieme, della non-violenza. Voglia di divertirsi in maniera inclusiva e tutelata. Possibilità di dare visibilità a chi non ce l'ha. Ho sentito che è stato soprattutto il pubblico non direttamente coinvolto nelle tematiche queer ad aver riscontrato interesse e partecipazione maggiori. Moltissimi sono gli esempi di chi ha avuto modo di "capire" di più, di "avvicinarsi" di più, di interagire, dialogare, smontare preconcetti, abbattere tabù, decostruire atteggiamenti o "difetti" di pensiero atavici. Moltissime sono state anche le persone che hanno trovato in quei giorni uno spazio di riconoscimento, di accettazione, di unione. Sono cose che fanno sentire meno solə.

Nel pubblico in effetti c'erano persone di tutte le età.
Sì! E' stato molto bello questo cambio/scambio/ricambio! Da tempo non vedevo in sala così tanti cuori giovani giovanissimi e magari non addettə ai lavori!

Il festival è legato alla Compagnia di Enzo Moscato per cui tu hai lavorato.
Certo. Questo festival è uno dei tanti modi in cui sento di provare, almeno umilmente provare, a tenere viva l'eredità di Enzo Moscato dentro di me. È stata sicuramente la persona che più di ogni altra mi ha ispirato libertà, una libertà rivoluzionaria, popolare, ecumenica, radicale. Per cui è con felicità e impegno che la Compagnia Teatrale Enzo Moscato si è mobilitata nella produzione della rassegna insieme a Casa del Contemporaneo.

Abracadabra, incantesimi di Mario Mieli

 

Avete lavorato in tanti per questo esordio.
Questa prima edizione ci ha lasciatə tuttə con una grande carica energetica, mentre godevamo di quello che stava succedendo cominciavamo a renderci conto di quante altre bellissime cose si potessero fare! Da persona appassionata e curiosa, come tuttə lə miə collaboratorə, è inevitabile che certi stimoli siano propulsivi per altri stimoli. Abbiamo desiderio (di nuovo questa parola: che vuoi farci, siamo esseri desideranti) e intenzione (ogni tanto anche programmatici) di crescere, di costruire qualcosa di spessore, duraturo, resistente.

Il tuo bilancio personale?
Ho imparato moltissime cose. È stata un'esperienza nuova per me che di solito sono dall'altro lato, sul palco. Mi sono messo molto in discussione, cimentandomi con qualcosa che ho dato per scontato di poter gestire. Non sono state poche in vero difficoltà e ho dovuto costantemente aggiornarmi, dubitare, tentare, sbagliare, imparare quindi e crescere. Ma ho avuto sempre persone intorno a me su cui ho potuto fare affidamento, confidando nella loro tolleranza e nella loro fiducia. La presenze di queste numerose e differenti generazioni è stata un boost energetico e cognitivo. È stato molto bello incontrarle, incontrarci, osservare insieme la fioritura di un progetto in gestazione da tanto tempo. Qualcosa di diverso ma al contempo molto simile alla creazione teatrale.